Numero 130Edizione internetSettembre 2007
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EDITORIALE

Come d’abitudine, nei mesi che seguono l’estate La Gazzetta inizia a raccogliere i risultati dell’attività esplorativa condotta, ed infatti sono ben sei gli articoli presenti nell’apposita rubrica. Potrebbero e dovrebbero essercene di più, ma quelli presenti sono più che sufficienti per trarre qualche interessante conclusione. Anzitutto il Carso triestino dimostra di avere ancora tantissimo da dare, a patto di essere disposti a sacrificarsi in non sempre facili e rapide campagne di scavo. La novità sta forse nel fatto che buona parte degli ultimi risultati non vengono dai soliti terribili “vecchietti” (detto ovviamente con affetto e rispetto), che tanto hanno dato alla speleologia triestina, ma da forze decisamente più giovani, a dimostrazione di come la tradizione continui ad avere il suo peso e di come il rinnovo generazionale proceda, pur se limitato dall’attuale crisi di vocazione che trova riscontro nelle seguenti righe. Una seconda osservazione nasce infatti spontanea a seguito di quanto avviene nel classico Canin, dove la speleologia regionale sembra aver lasciato il campo a russi, ungheresi e polacchi. Sono questi speleologi dell’Est Europa ad avere ormai le forze, numeriche come materiali, per poter portare avanti esplorazioni impegnative come quelle condotte nel Veliko Sbrego. Non è che il Canin sia stato abbandonato dalla speleologia regionale, ma è indiscutibile che sono ormai lontani i tempi in cui nel mese di agosto i karren pullulavano delle tute colorate di triestini, goriziani e friulani, che si incrociavano raccontandosi di esplorazioni, piccole e grandi, davanti alle birre di un rifugio Gilberti ormai speleologicamente deserto. E questa tendenza si manifesta anche in zone decisamente meno impegnative, come il bucolico altipiano del Cansiglio. Dopo la riscoperta ed esplosione dell’Abisso del Col della Rizza, in questo periodo è il classicissimo Bus de La Genziana a far parlare di sé, con chilometri di nuove forre e gallerie impensabili fino a pochi mesi fa. Ma queste novità non si leggono sui bollettini dei gruppi del FVG, le apprendiamo da Internet e recano la firma di ferraresi, umbri e marchigiani, che ormai hanno colonizzato l’area, cogliendo grandi e meritatissime soddisfazioni. Le recenti scoperte sul territorio dimostrano insomma che c’è ancora tantissimo da fare e tantissimo da trovare. Ma prima di trovare nuove grotte, sarà forse il caso di ritrovare quella speleologia regionale che sembra essersi persa un po’ per strada. Non parliamo ovviamente della speleologia dedita a produrre pubblicazioni e ad organizzare convegni, ma di quella meno parlata e più praticata, fatta di sudore e fango, ma anche di passione e soddisfazioni.

Comitato di Redazione: Gianni Benedetti (GB), Mila Bottegal (MB) e Mauro Kraus (MK).
Hanno collaborato: Franco Gherlizza (FG), Rino Semeraro (RS), Maurizio Tavagnutti (MTa) e Moreno Tommasini (MTo).
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