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Numero 7 - Giugno 1997 - Edizione internet
La Gazzetta dello speleologo -
        Notiziario informale di speleologia del Friuli Venezia Giulia
L'opinione dello speleologo
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GROTTA LIBERA

La mia prima grotta fu la grotta di Padriciano, ma noi la chiamavamo semplicemente la 12. Era il 1955 e, abbandonate le medie a causa di un sette in condotta che mi procuro' (tra gli altri) un devastante esame in latino, approdai alle industriali. Cosi' avevo conosciuto anche Lino e Franco i quali, condividendo la mia passione esplorativa, mi avevano accompagnato alla 12. All'ingresso mi ero completamente rovesciato i jeans in modo che poi, rigiratili, le tracce di argilla rimanessero all'interno ed i miei genitori non si accorgessero che mi ero avventurato in ambienti cosi' pericolosi (avevo 12 anni). Per l'occasione mi ero comperato una torcetta elettrica, una di quelle cromate che allora si usavano per equipaggiare le bici. Sino ad allora, infatti, erano candele e torce autocostruite ad illuminare le mie esplorazioni di tunnel, bunker e fognature varie. Ma questa era una grotta vera. Ovviamente privi di scalette e corde, ci fermammo sul primo saltino. Coi miei compagni di scuola tornai altre due volte (dopo aver espropriato alcuni cordini da biancheria in un cortile vicino a casa) e fu cosi' che scendemmo la grotta sino all'orlo per noi insormontabile del pozzo da 12 metri. Tra i miei ricordi conservo ancora oggi la staffa costruita per il primo saltino.

Una volta, era cosi' che si cominciava ad andare in grotta, animati da uno spirito pionieristico che ci portava ad inventare gli attrezzi necessari. E la grotta di Padriciano era una classica grotta-scuola dove generazioni di grottisti avevano mosso i loro primi passi al buio. Oggi, la grotta di Padriciano e' chiusa da una robusta cancellata in ferro che da troppi anni ne impedisce il libero accesso. Adocchiata a suo tempo dalla Boegan quale ideale grotta-laboratorio dove allargare i propri rilevamenti meteorologici, ne e' divenuta in breve sua proprieta'. Attrezzata con sentieri in cemento nel suo primo tratto, col tempo la sua funzione di laboratorio e' venuta meno, ma, trattandosi di proprieta' privata, e' rimasta chiusa. Ad onor del vero, le chiavi della 12 sono sempre a disposizione dei gruppi grotte che ne facciano richiesta. Ma per i dodicenni di oggi quella grotta non c'e' piu'.

A queste considerazioni sono arrivato leggendo sul numero 0 de La Gazzetta dello speleologo il corposo elenco delle grotte chiuse dai gruppi grotte nella provincia di Trieste: a novembre '96 erano ben 18! Allora ho cercato di analizzare questo elenco per cercare di capire meglio i vari perche' della chiusura di quelle grotte. Giustificata per ovvi motivi la Gigante, per altri la Doria e Trebiciano. Tra le cavita' trovate di recente e chiuse per evitarne il saccheggio delle concrezioni ho messo la Tommasini, la Del Gobbo, la Omar, la Valentina e la Paranco. Per le stesse ragioni (maggiormente motivate dai lavori esplorativi ancora in corso) giustifichiamo anche la chiusura della Savi e della Skilan. Comincio invece a non giustificare la chiusura di Germoni, Druidi, Puntar, Massimo e Gurca, trattandosi di cavita' che, a mio parere, non presentano caratteristiche tali da renderle meritevoli di tutela particolare. Sono cioe' dei buchi qualsiasi, per niente diversi dalle altre centinaia di buchi consimili che costellano il Carso. Mi spiace per il Massimo, ma il solo fatto di avervi constatato fenomeni di innalzamento dell'acqua di fondo non puo' giustificarne la chiusura. D'altronde, sono certo che la mia opinione circa la loro poca importanza puo' venir suffragata dal riscontro delle richieste (praticamente inesistenti) fatte ai gruppi di appartenenza per poterle visitare. Pertanto, anche se queste grotte rimanessero chiuse in eterno, nessuno ne sentirebbe la mancanza, nemmeno i dodicenni di oggi, perche' non sono adatte neanche a loro.

Ma e' sulle ultime tre grotte rimaste (dell'elenco iniziale) che mi preme di intervenire. Della Grotta di Padriciano e delle sue peculiarita' come grotta-scuola abbiamo gia' parlato all'inizio, ma anche la Lindner e la Fessura del Vento sono grandi cavita' ad andamento sub-orizzontale, senza particolari difficolta' esplorative, che da decenni accoglievano tutti i principianti che volevano provare l'impatto col mondo sotterraneo. Anzi, si potrebbe quasi dire che l'apertura (mediante allargamento/disostruzione) di queste due cavita' coincise quasi con la chiusura della grotta di Padriciano, per cui i neofiti locali ebbero sempre a disposizione qualche grotta-scuola seria dove ricevere l'imprinting. Tutte e tre le cavita' sono state chiuse in nome di uno scientifismo che oggi appare quantomai anacronistico, ancorche' inesistente, per cui la loro chiusura ormai non e' piu' giustificabile ne' tecnicamente ne' moralmente. Tantomeno da parte dei gruppi grotte che (guarda caso) si ergono a propugnatori della divulgazione della conoscenza del mondo sotterraneo. Chiudere una grotta alla libera frequentazione significa togliere uno spazio utile alla collettivita'. Non dobbiamo creare un monopolio, lasciamo che anche il dodicenne di oggi possa provare da solo le stesse sensazioni che noi tutti provammo a suo tempo, senza per questo dover attendere l'eta' e la necessita' di seguire un corso organizzato dai detentori del monopolio, cioe' i gruppi.

Non e' vero che per rilevare una grotta si debba necessariamente chiuderla con una botola, queste sono tutte balle per cercare di giustificare un'azione dispotica. Cosi' pure tutte le storie sugli studi in corso, oppure sulla necessita' di difesa dall'accumulo di rifiuti, non sono che pretestuosita' accampate a paravento di motivazioni campanilistiche. Mi pare che ormai stiamo assistendo ad una sorta di gara tra i gruppi grotte per assumere la proprieta' o perlomeno il controllo del maggior numero di cavita' possibile. Probabilmente nell'assurda illusione che con l'aumentare di questo numero vada aumentando anche la levatura ed il prestigio del gruppo, magari al momento della spartizione dei fondi regionali. E' questo un comportamento tipicamente provinciale, che porta dietro a se' forse anche il sadico piacere del sentirsi chiedere il permesso per le chiavi. Ma tutte queste chiusure ingiustificate causano inevitabilmente insofferenza e ribellione. Cosicche' ancora oggi, come tanti anni fa, si torna a parlare di botole divelte o danneggiate, di serrature e lucchetti bloccati dai collanti, di sabotaggi di ogni tipo ai danni degli strumenti di chiusura. No, non e' solo vandalismo (come farebbe comodo si potesse credere), ma e' anche la ribellione istintiva contro il tiranno, contro chiunque ti priva della tua liberta'.

Da profondo idealista quale sono, condivido pienamente queste azioni di rivolta che scaturiscono da persone diverse, che (sono certo) non sono frutto di programmazione, ne' provengono da una sola parte specifica. E credo che tutte le persone di buon senso dovrebbero ribellarsi contro questi puerili appropriamenti che, alla fin fine, non fanno ne' l'interesse della speleologia organizzata ne' (tantomeno) quello dei dodicenni odierni. Mi auguro percio' un'inversione di tendenza nei prossimi anni, al punto che GROTTA LIBERA non rimanga soltanto un vuoto ed inascoltato slogan.

Mario Gherbaz



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