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Numero 8 - Luglio 1997 - Edizione internet
La Gazzetta dello speleologo -
        Notiziario informale di speleologia del Friuli Venezia Giulia
L'opinione dello speleologo
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L'opinione

A PROPOSITO DI GROTTA LIBERA

Dopo aver letto nella rubrica L'opinione dello speleo (n. 7 - giugno 1997) quanto Mario Gherbaz scrive sull'argomento Grotta Libera, ritengo doveroso fare alcune precisazioni sia come presidente del Gruppo Speleologico San Giusto, sia come speleologo attivo. Sono pienamente d'accordo con lui che una grotta chiusa limiti la liberta' dell'individuo, pero' e' anche vero che possano esistere, almeno nel nostro caso, validi programmi operativi che giustifichino l'adozione temporanea di una tale misura. I motivi che ci hanno indotto alla chiusura di alcune cavita' sono sempre ben giustificati o da una ben specificata tutela ambientale o da una seria programmazione di ricerca (e non scientifismo puerile). Mentre la prima ha lo scopo di mantenere le cavita' allo stato naturale, prive cioe' di quei segni di frequentazione senza criterio operati appunto dai vecchi grottisti, la seconda, piu' difficile da comprendere per chi non e' addetto ai lavori, e' che, alla fine delle ricerche, le operazioni compiute devono essere suffragate da precise relazioni tecniche. Concordo anche che trovarsi davanti agli ingressi di certe cavita' private, circondati da un degrado generale, sovrastati da mostruosi cancelli incastonati nel cemento e circondati da fatiscenti baraccamenti plastici, desti un senso di sgomento e di rabbia. Pero' si dovrebbe capire che non tutte le chiusure operate dai vari gruppi grotte sono fatte per motivi banali o in nome di un provincialismo sadico. Per cui incoraggiare i giovani alla ribellione in termini generali, senza far conoscere le ragioni delle chiusure, non ci sembra moralmente condivisibile. Siccome noi del GSSG in questo caso ci sentiamo parte in causa, vorrei chiarire le ragioni che ci hanno indotto a chiudere temporaneamente le cavita' incriminate.

ABISSO MASSIMO

- la grotta e' stata attrezzata gia' nel 1993 con un'apparecchiatura di rilevamento dei livelli delle acque di fondo, collegata con l'esterno;
- l'Universita' di Trieste ci ha fornito una sonda di livello di nuova concezione da posizionare e sostituire ogni quattro mesi;
- allo scopo di trovare nuove continuazioni della cavita', si stanno tentando due risalite;
- la cavita' e' completamente attrezzata in corda. Nonostante cio', la cavita' e' visitabile da chiunque ne faccia richiesta.

FESSURA DEL VENTO

- Questa cavita' e' stata chiusa temporaneamente dopo aver chiesto e avuto il benestare di tutti i capigruppo della provincia di Trieste, oltreche' del prof. Cucchi, del dott. Dolce e del Comune di San Dorligo della Valle. In questa cavita' sono in corso i seguenti lavori:
- rifacimento completo del rilievo topografico in quanto quello eseguito precedentemente e' errato ed incompleto;
- all'interno della cavita' vi sono posizionate delle strumentazioni atte al rilevamento di alcuni parametri fisici;
- ripopolare, nella parte superiore della cavita', la colonia di pipistrelli;
- bonificare la cavita' da scritte ed immondizie;
- si sta procedendo alla raccolta metodica di campionature di acque e rocce. Anche in questa cavita' la visita, nonostante tutto, e' libera.

Per quanto riguarda il nostro scientifismo, esso e' espresso chiaramente nella nostra rivista IPOGEA, pubblicazione che tutti hanno potuto apprezzare (il secondo numero apparira' entro la fine dell'anno). Questa rivista contiene lavori di analisi e ricerca effettuati dai soci del GSSG, i quali, ne do' garanzia, sono ragazzi normali animati unicamente dal desiderio di contribuire modestamente allo sviluppo della speleologia regionale, ma che non accettano di sentirsi bollati con termini biasimevoli. Noi invece siamo orgogliosi di essere i paladini della divulgazione di tutto cio' che concerne il mondo sotterraneo come anche della salvaguardia ambientale, e ci riempie di entusiasmo poter insegnare ai dodicenni l'amore per le grotte. Il fatto di aver chiuso quattro grotte su tremila proprio non ci disonora, ma ci fa capire invece di essere un gruppo che concretizza il proprio lavoro in maniera seria e programmata, convinti come siamo di contribuire con il nostro modesto lavoro alla conoscenza del fenomeno carsico.

Furio Premiani


L'EVOLUZIONE DELLA SPECIE

Sono stato invitato alla Tavola Rotonda del 4 luglio sul tema Sport e Turismo nella pratica speleologica. Sinceramente, mi aspettavo qualcosa di piu' dai relatori, se non altro in considerazione della presenza di alcune personalita' di spicco dell'ambiente politico-amministrativo cittadino. Quando sono entrato, a circa mezz'ora dall'inizio, un relatore stava letteralmente leggendo una tediosa trafila di descrizioni di cavita' che nulla aveva a che vedere con l'argomento in oggetto. E mi sono anche stupito che nessun coordinatore/moderatore intervenisse per ricondurre il relatore alla tematica per cui ci si era riuniti. Cosi', in una saletta gia' inospitale per la canicola soffocante e per il frastuono proveniente da un adiacente impianto musicale, la tavola rotonda e' durata un'eternita' e del tema centrale si e' discusso quasi niente. Non so cosa ne abbiano realmente pensato le personalita' presenti, ma mi sono vergognato per la figura che facevamo.

Questo mi ha fatto riflettere circa l'appellativo di speleologo che la stragrande maggioranza di coloro che bazzicano nell'ambiente delle grotte si autoaffibia. Ed e' convinto di esserlo solo perche' talora regge una cordella metrica o raccoglie una campionatura da far analizzare ad altri. Proviamo a cercare di spiegare il fenomeno. Ormai quasi tutti usano parlare in lingua ai propri figli, nella ridicola convinzione che cosi' saranno piu' bravi a scuola. Cosi' si creano dei rapporti assurdi: tra genitori e figli si parla in lingua (spesso tra difficolta' e strafalcioni pietosi), mentre al di fuori della famiglia tutti parlano in dialetto. Pertanto, se il termine speleologo ha preso piede, c'entra forse anche l'italianizzazione della parlata, magari nell'illusione che grottista non sia un termine italiano?

Non so esattamente quando sia avvenuta la grande metamorfosi, ma quasi certamente durante gli anni '60. A quei tempi e' iniziato il processo di evoluzione della specie. Abbiamo iniziato ad usare delle tute apposite e l'illuminazione ad acetilene e' passata sul casco, che non era piu' di quelli militari. Addirittura, i piu' evoluti possedevano un impianto frontale misto elettrico/acetilene (anche se autocostruito). I moschettoni in ferro venivano sostituiti da quelli in lega ed i cordini in vita facevano posto ad appositi imbraghi. Fecero quindi la loro comparsa le prime versioni degli attrezzi belgi: discensori, dressler, carrucola,,, pali da diaclasi. Sentimmo anche parlare di SPIT, ma evidentemente non era ancora il momento: eravamo specialisti nei chiodi da roccia ed a pressione. E, al fianco della bussola, era arrivato anche il clinometro (nelle grotte del Carso, prettamente verticali, non se ne sentiva la mancanza). Quindi il progresso c'era, e come! Bastava vedere le nostre scalette superleggere e le corde in fibra sintetica, nonche' le tecniche di bivacco nei campi interni. Allora, dopo ogni esplorazione, in osteria si cantavano le canzoni degli Alpini, ma soprattutto le sporche e quelle dei grottisti. Si', perche' una volta eravamo tutti grottisti, anche se conoscevamo benissimo il significato della parola speleologia. Tant'e' vero che i nostri Gruppi piu' antichi sono gruppi grotte e non speleologici. E sui giornali veniva riportato che i grottisti del tal gruppo avevano esplorato la tal grotta. Poi, a poco a poco, avvenne il miracolo. Complice l'apertura verso il resto della realta' nazionale, iniziammo ad insegnare l'arte esplorativa. Nacque cosi' la Scuola Nazionale di Speleologia, ai cui corsi si dovette per forza dare anche un qualcosa che andasse oltre alle pure tecniche esplorative. E cosi' si inizio' a divulgare nozioni elementari di geologia, morfologia, carsismo, rilievo, cartografia, ecc. Non che prima qualcosa di cio' non fosse gia' a nostra conoscenza, ma cosi' fummo quasi obbligati ad istruirci di piu', a conoscere di piu'. Quindi, considerando che oggi molti dei nuovi grottisti passano anche per un apposito corso, dobbiamo pensare forse che per questo e' giusto l'appellativo di speleologo? Personalmente, ritengo che quello di grottista possa continuare a calzare benissimo per la stragrande maggioranza di coloro che condividono la passione esplorativa ma si guardano bene dallo studiare le caverne. Si', perche', come ben sappiamo, speleologo e' colui che studia le grotte ed i fenomeni naturali connessi. Se ci pensiamo bene, il termine alpinista si usava, si usa e si usera' sempre per indicare la categoria che, parallelamente, si dedica a salire le montagne. Non ritengo pertanto declassante un ritorno all'uso del piu' corretto appellativo di grottista per quanto ci riguarda. Tra l'altro, cio' potrebbe evitare di confonderci coi veri speleologi (sono pochi, ma esistono anche loro) e, di conseguenza, evitarci ulteriori figuracce in altre tavole rotonde. Qui ci sarebbe da dire ancora che Cicio no xe per barca, ovvero, come si usava dire, che il mondo sotterraneo non e' per tutti ma solo per coloro che hanno il sangue de grotista. Peccato che ormai da troppi anni i giovani non possano piu' capire il fascino che il termine grottista racchiudeva quando il nostro ambiente viveva il suo magico, irripetibile momento di romantico pionierismo. Quando grottisti ed amici si rimaneva per tutta la vita.

Oggi le vecchie osterie non ci sono piu'.
Oggi non si canta quasi piu' e le amicizie vere sono solo utopia.

Mario Gherbaz



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