Novità esplorative
Monte Naiarda: un nuovo sistema carsico in Carnia

Il Gruppo Triestino Speleologi dal 2001 sta operando nella nuova area carsica del Monte Naiarda, in comune di Socchieve (UD), sulla destra orografica dell’alta Val Tagliamento, al confine tra le province di Udine e Pordenone. Nel corso di questi anni, nonostante il grande numero di imbocchi trovati, poche sono state le soddisfazioni avute, avendo rintracciato cavità di scarso interesse, seppur notevoli dal punto di vista morfologico (massima profondità: m 50, massimo sviluppo: circa 100 m). Questa estate sembra che finalmente si sia riusciti ad entrare nel cuore della montagna e forse ad arrivare a svelare l’enigma del Fontanon di Riu Neri, uno degli ultimi misteri idrogeologici della nostra regione. Infatti, su segnalazione del sig. Mario Pellarin di Meduno (PN), che cura la riserva faunistico-venatoria all’interno della quale si trova l’area carsica, è stato individuato un nuovo ingresso che immette subito in una condotta forzata orizzontale di indubbio interesse, anche per la corrente d’aria avvertibile in NA42, questa la sigla della nuova grotta. Nel corso di successive esplorazioni nei mesi di luglio-agosto, condotte assieme ad amici di altri gruppi, si è potuto accedere ad un sistema di antichissime condotte, caratterizzate da correnti d’aria, depositi e concrezionamenti inusuali per la quota (m 1700 circa). La parte iniziale della cavità non presenta grossi problemi esplorativi (due brevi salti, una frana disostruita e un passaggio sifonante aperto nell’argilla) e si sviluppa praticamente orizzontalmente per diverse centinaia di metri fino ad un evidente bivio. Verso monte il ramo, dal quale proviene una forte corrente d’aria, arriva fin quasi all’esterno; ma l’aria, invece di provenire dall’alto, arriva dal basso, alla base di una serie di salti per un totale di una quarantina di metri, lungo una evidente faglia. Il ramo verso valle inizia con delle belle condotte forzate, per poi approfondirsi in una sequenza di pozzi (il più profondo di una quarantina di metri). A circa 180 m di profondità tutta l’aria viene aspirata da un ramo sopra un pozzetto che è stato disceso, scoprendo delle condotte di ridotte dimensioni che però poi conducono ad una serie di salti. Alla base si intercetta una grossa faglia (alta oltre una quarantina di metri) con notevole stillicidio. Seguendo la faglia verso valle, si sono percorse delle condotte orizzontali che probabilmente in caso di piena vengono completamente riempite. Alla fine una serie di salti, sui quali si riversa un piccolo collettore che segue l’inclinazione degli strati. L’esplorazione è ferma a circa 300 metri di profondità con il torrente che si getta in un salto, non ancora sceso, di alcuni metri. Lo sviluppo totale dovrebbe raggiungere il chilometro. Inutile dire che sono decine le possibilità di prosecuzione. (GB)

Attività in Canin

Dal 5 al 12 agosto, con base logistica presso il bivacco Elio Marussich, un gruppetto di speleologi del CAT e del GSSG ha effettuato un campo finalizzato alla esplorazione della Grotta in Forchia di Terra Rossa. Dopo diversi giorni di scavo, alla profondità di circa 40 metri, si è finalmente avuto ragione della strettoia che, da diversi anni, precludeva l’accesso alle zone profonde della grotta marcata dal CAT, già nel lontano 1974, con la sigla “A 12”. La cavità si apre sul fondo della vallecola che ospita anche la sorgente della Forchia di Terra Rossa (versante Raccolana). Superato questo annoso ostacolo, gli speleologi hanno disceso un pozzo di 20 metri dalla base del quale si sono presentate due prosecuzioni. La prima, rappresentata da un ulteriore pozzo di 50 metri, è stata discesa sotto una fitta cascata d’acqua causata dai numerosi rigagnoli che si riversano, all’interno, da ogni dove. Raggiunto il fondo, a una prima ispezione non si sono notate delle vie evidenti di prosecuzione, mentre l’acqua scompare infilandosi tra i detriti sparsi al suolo. Ritornando alla base del pozzo di 20 metri, l’altra prosecuzione è data invece da una galleria-meandro che si inoltra nel monte dall’altra parte del punto raggiunto dagli speleologi. Da questa parte esce una fredda corrente d’aria che fa ben sperare per il futuro. Per accedere a questi vani è necessario effettuare una traversata sopra l’orlo del pozzo da 50 metri. Dopo questa scoperta, a causa del maltempo, non si è riusciti a ritornare all’interno della grotta e l’esplorazione è stata rimandata alla prossima occasione (probabilmente gli ultimi giorni di settembre), tempo permettendo. Altre tre modeste cavità verticali (con profondità che variano tra i 10 e i 20 metri) sono state trovate e rilevate nel corso della medesima campagna esplorativa. Tutte si aprono nella zona basale del Pic di Carnizza, all’altezza, circa, da cui parte la ferrata dell’Alta Via Resiana, sovrastante il bivacco. (PM)

Ritrovata la Grotta Ferfoglia

La perseveranza e l’acume di Luciano Luisa, speleo attivo nella CGEB da oltre un trentennio, sono state premiate dalla riscoperta della Grotta Ferfoglia, 142 VG, piccola cavità sita non lungi da Prosecco (TS). Aperta all’indagine dai grottisti del Club Touristi Triestini nel luglio 1896 ed inserita poi nel loro catasto con il numero 66 e in quello dell’Alpina delle Giulie con il numero attuale, venne chiusa dai contadini, probabilmente dopo lo spietramento degli anni ’20. Invano cercata per decenni da speleologi e grottisti di vari gruppi, pareva destinata a rimanere irreperibile per sempre. Così non è stato, grazie alle ricerche di Luisa, che ha tenuto sotto osservazione per molti mesi piccoli movimenti d’aria in diversi siti nei dintorni di Prosecco. Osservazione che ha permesso di localizzare un punto particolarmente interessante. Verso la fine dell’estate uno scavo, condotto da uno dei vari gruppi di lavoro della Commissione Grotte, ha permesso di accedere dopo 111 anni nella cavità; nell’occasione è stata forzata la strettoia che aveva allora fermato gli uomini del CTT e quindi aggiornato il rilevo. (PG)

Attività in Bosnia

Dal 4 al 10 agosto una squadra intergruppi di speleologi regionali si è recata nella zona attorno a Sarajevo, per proseguire l’ormai consolidata attività di ricerca e revisione catastale in collaborazione con i locali, coordinati dal novarese Simone Milanolo che ha ormai trasferito la sua residenza nella capitale bosniaca. Tre sono state le cavità oggetto di attività e per tutte sono stati completati sia l’esplorazione che il rilievo topografico. Alla Matica Jama, riarmata per l’occasione anche nell’ottica di un possibile corso di speleologia, è stato raggiunto il fondo a circa -75; si tratta di una cavità prettamente verticale che con comodi salti di una quindicina di metri, intervallati da ampi terrazzini, conduce in un’ampia caverna dove è stato rinvenuto lo scheletro intero di un giovane orso. La Ponijerca Jama è stata completamente percorsa in risalita, accertando trattarsi di un gigantesco traforo (quasi stile San Canziano) alto 60 metri e largo mediamente 20, scavato da un torrente che dopo 500 metri di percorso ipogeo rivede la luce con uno spettacolare ingresso da cui si ingenera la successiva forra. Due uscite sono state necessarie poi per terminare esplorazione e rilievo della Zjaca Jama, splendida risorgiva di circa 600 metri di sviluppo il cui ingresso (particolare non disprezzabile) si trova a soli 10 metri da un’ottima trattoria. Infine è stata effettuata una battuta di zona esterna sulla Bjelasnica (altipiano di Jasen), disseminata di doline che sicuramente costituiscono gli accessi per l’acqua ad un sistema carsico di notevoli dimensioni, confermato dalla presenza delle impressionanti risorgive sottostanti che alimentano l’acquedotto di Sarajevo. Purtroppo le ricerche sono state vane in quanto la presenza di depositi morenici e la gran quantità di detriti sembra chiudere ogni possibile ingresso. Comunque, in una modesta depressione, è stata individuata una fessura impraticabile che spira un’aria gelida, foriera di interessanti prospettive nel caso si voglia affrontare seriamente un lavoro di scavo.

Ancora una volta, la realtà bosniaca si è rivelata estremamente interessante in quanto si tratta di un paese in gran parte carsico, ma in cui la ricerca speleologica è ancora molto indietro se si fa un paragone con quella dei paesi occidentali. Questa condizione di arretratezza è imputabile sia alla vastità del territorio, in gran parte scarsamente antropizzato, sia alla scarsa diffusione della speleologia che, pur vantando radici storiche importanti, risalendo all’impero asburgico, non ha oggi né gli uomini né i mezzi per operare al meglio. In più vanno considerati i danni causati dalla recente guerra, che ha comportato la perdita di gran parte del catasto preesistente ed ha lasciato in eredità l’esistenza di numerosi campi minati, tuttora pericolosamente attivi, che limitano i movimenti sul territorio. (MK)

Pindos 2007

Si rinnova l’impegno del Gruppo Speleologico San Giusto a continuare il lavoro esplorativo e di ricerca speleologica in Grecia, in collaborazione con il gruppo S.EL.A.S. di Atene e lo Speleo Club Roma. Quest’anno, dal 24 luglio al 4 agosto, il campo è stato improntato sulla ricerca di nuove cavità sull’ormai famigerato altopiano di Stouros (catena del Pindos settentrionale), partendo da quota 1500 m a scendere. La parte sommitale dell’altopiano infatti è già stata vista durante le precedenti trasferte del 2005 e del 2006, benché in speleologia non si possa mai essere certi di avere esplorato bene una zona. Cinque giorni intensi di battute di zona “roventi”, per il caldo soprattutto, hanno portato alla scoperta di due nuove cavità: un meandro di modeste dimensioni che prosegue sprofondando sempre più stretto prendendo la morfologia di un pozzo stimato 20 metri, l’aria abbondante lascia ben sperare; la seconda cavità trovata si apre subito a pozzo concrezionato alla base di una frana di dimensioni “importanti”. I detriti incombenti sopra l’ingresso hanno fatto optare per una delicata perlustrazione iniziale ripromettendosi di ritornare e mettere in sicurezza, per quanto possibile, la zona. Il pozzo comunque è stato stimato 25-30 m ed anche qui l’aria ha regalato qualche emozione e speranza agli esploratori. Altro obiettivo della spedizione è stato quello di rilevare alcune cavità sull’altopiano di Avgerinos già segnalate dalle spedizioni inglesi degli anni ‘70, e scendere una nuova cavità scoperta lo scorso anno, sempre in quella zona, vicino alla Grotta Ulysse, cavità trovata dagli inglesi sempre in quegli anni. La nuova grotta, che si apre al contatto tra flysch e calcare, seppur all’inizio mostri passaggi molto angusti, continua con due pozzi abbastanza agevoli portandosi ad una profondità di 35 m. Alla base dell’ultimo pozzo l’aria finisce in una fessura, però come sempre accade, impraticabile. I partecipanti al campo ringraziano la Società Geokarst Engineering di Trieste per aver messo a disposizione gratuitamente il fuoristrada senza il quale il trasporto materiali, le battute di zona e la spedizione stessa sarebbero state più lente e faticose.

Nota: quest’anno finalmente è uscito il primo libro greco di impronta turistica sulla zona della Zagoria. Abbastanza esauriente dal punto di vista storico-naturalistico, carente dal punto di vista geologico ed escursionistico, segnando solamente una cavità, Provatina, ed omettendo tutta la parte speleologica che comincia ad assumere dimensioni importanti in quella zona. Prossimo obiettivo del GSSG, oltre a continuare le esplorazioni, sarà quello di prendere direttamente contatti con l’Ente Parco del Pindos fornendo tutte le informazioni necessarie per implementare e completare eventuali altre iniziative editoriali. (CB)