E’ più importante il contenitore o il contenuto (G.M.)?

Furio FinocchiaroAlcune considerazione al margine della “Tavola rotonda” (il virgolettato non è casuale) organizzata dalla Federazione Speleologica Regionale a Gorizia
di Furio Finocchiaro

Scrivo queste righe come socio del Circolo Speleologico e Idrologico Friulano. Come ricercatore del Dipartimento Di Matematica e Geoscienze dell’Università sarei stato ancora più diplomatico.

Gli ecologi sono abituati a classificare aree, a gerarchizzarle, a usare l’analisi statistica multivariata su elenchi di specie, appoggiandosi a direttive europee che dicono se la specie è rara. E se la specie è rara, l’habitat in cui si trova va tutelato. La biodiversità, come dice il nome, è variabilità di specie, vegetali o animali, quindi più ve ne sono in una determinata area più l’area vale. Quindi gli ecologi sanno come gestire dati (fondamentalmente elenchi di specie distribuiti arealmente), in termini di presenza e assenza per decidere in modo più o meno oggettivo se un’area va tutelata o meno.

Ma una grotta non è un puro e semplice contenitore di biodiversità! E’ il risultato di un processo geologico (carsismo e pure in certi casi erosione) che determina un certo assetto geomorfologico, è in varia misura un tramite attraversato da acque piovane o riempito da acque di falda carsica.

La mia sensazione è che gli ecologi facciano il loro gioco, un gioco che fanno bene da tanti anni: classificare, identificare specie protette, attribuire ad un’area un certo habitat, definire valori e gerarchie, decidere cosa tutelare e cosa no. Mentre noi (geologi) ne abbiamo sempre fatto un altro: descrivere forme, provare a correlare forme a processi, valutare evoluzioni su scale temporali lunghissime. Non ci siamo mai posti, fino ad ora, il problema di stabilire, in modo quantitativo, numerico che grotta vale e che grotta no. E dovremmo rapidamente imparare un gioco con nuove regole, le loro.

Come andrà a finire? Diciamo che se alla fine i criteri per definire se una grotta debba essere tutelata saranno troppo “bio”, situazione possibile viste le premesse, be’ bisognerà riempire caselle di matrici (flora e faune) per grotte che non hanno dati. E magari per la fauna ogni due, tre anni bisognerà fare monitoraggio. O riprendere in mano vecchi scavi archeologici. Mentre invece, una volta definito che quella grotta è importante perché ha un deposito di riempimento, una volta descritto il deposito, allora in quella grotta non occorrerà tornarci per altri cento anni. E con queste premesse che tipologia di attività speleologica pensate verrà finanziata in futuro? Speleologi, forse sarà meglio che mettiate via il discensore, che non servirà più, e impariate a riconoscere le specie di pipistrelli.

Ma torniamo alla fine della “Tavola Rotonda”: riprendo lo schema di Boschian che sintetizzava il tema della giornata. E’ proprio necessario tutelare la grotte? la risposta potrebbe essere no, in questo caso ce ne andiamo tutti in osteria (i vecchi) o in grotta (i giovani)! Ma la risposta potrebbe essere anche SI TUTTE. In questo caso, va fatta approvare una legge con tre articoli.

Art. 1 E’ vietato bloccare l’accesso, chiudere gli ingressi delle cavità carsiche; Art. 2 E’ vietato alterarne l’interno e danneggiare le concrezione (ehm… e gli scavi interni alla caccia di ulteriori sviluppi ?); Art. 3 E’ vietato disturbare/danneggiare la fauna ipogea e raccogliere la flora degli ingressi.

Approvata questa legge ritorniamo in osteria e in grotta. E’ questo che volgiamo? Effettivamente il problema è definire i criteri che devono stare alla base della scelta di quali grotte tutelare, ma anche definire cosa si intende per tutela delle grotte. Lo ripeto ancora una volta: criteri e modalità di tutela delle zone protette in superficie (SIC, ZPS, Riserve regionali) non ci aiutano a capire cosa fare delle grotte.

Cosa vuol dire tutelare un’area, cosa prevede il piano di gestione di un Parco naturale? Il piano di gestione di un parco è un documento complesso, che fondamentalmente è diviso in tre parti. Per prima cosa si descrive lo stato di naturalità dell’area, con gli habitat, la vegetazione e la fauna in primo piano. C’è una descrizione geomorfologica della zona, le aree a rischio idrogeologico e negli ultimi tempi, vengono citati anche i geositi. La seconda parte prevede i dati sulla popolazione e sul suo incremento, un quadro delle attività economiche e di tutte le attività antropiche che possono interagire con la naturalità delle zona.

Definire le azioni di tutela significa definire delle regole di compromesso tra le esigenze di attività produttive delle popolazioni che vivono dell’area e le esigenze di salvaguardarne habitat e biodiversità. Quindi un caso particolare di gestione ecosostenibile, punto di equilibrio tra conservazione della natura e fruizione del territorio da parte dell’uomo.

Ma nelle grotte abita qualcuno? A Gorizia è stato ricordato che purtroppo, nei grandi cicli delle storia, ci ritroviamo ad avere di nuovo caverne abitate: dai migranti. Ma per fortuna sono eccezioni. Di regola le caverne non sono abitate e non sono strettamente collegate alle attività economiche, in senso lato, dell’uomo.

Sono possibili approcci diversi? approcci in cui il parametro “biodiversità dell’habitat grotta” sia al secondo posto, anche terzo…?

C’è un punto che unisce strettamente le grotte e l’uomo: l’acqua. Le grotte sono siti importanti all’interno dell’idrogeologia delle aree carsiche le cui acque, come gli speleologi ben sanno, sono molto più a rischio rispetto alle acque che circolano negli acquiferi porosi. Escluso lo stillicidio, qualsiasi grotta che contenga torrentelli, laghetti, cascate, insomma il fatto che una grotta sia attiva la pone in uno stato di priorità di tutela. Sul Carso triestino è un criterio che coinvolge un numero limitato di cavità, ma in Friuli invece… Pero anche lo stillicidio, se attraversa un’ara di ex discarica…

C’è un altro elemento importante, molto importante sul Carso triestino. L’avanzare dell’urbanizzazione (case, strade, le famigerate zone artigianali e/o industriali) ricopre di cemento troppa parte dei nostri territorio, anche in zone carsiche. In questi casi di nuovo va tutelata con forza l’esistenza stessa della cavità. Quindi di nuovo massima attenzione agli ingressi ed alla loro posizione rispetto agli elementi antropici del paesaggio.

E l’interno? Le forme delle grotte, le gallerie e la loro sezione, i pozzi, i meandri, le grandi sale di crollo, i riempimento argillosi sono il risultato di un’evoluzione geomorfologica, certamente durata molte migliaia di anni. Come ha detto Torelli, riprendendo Badino: le grotte sono l’archivio del tempo. Questa semplice frase me ne ricorda un’altra:

Rocks, minerals and fossils are the archives of the history of our planet and the history of life itself. They are evidence of the passage of geological time, revealing the changes that have shaped the Earth’s surface over millions of years. These archives make it possible for us to understand the way our planet looks today and the diversity of its fauna and flora. As with archaeological artifacts, geological sites, minerals and fossils are vulnerable and are a non-renewable heritage that belongs to humanity.

E’ la frase chiave dalla raccomandazione del Consiglio d’Europa sulla conservazione del patrimonio geologico e delle aree di speciale interesse geologico del 2004.

Quindi se la grotta è “una forma fisica, una morfologia evolutasi in tempi geologici condizionata da fattori geologici, geografici e climatici” (F.C.) vanno tutelate le forme paradigmatiche di certi processi geologici, i depositi di riempimento che possono darci informazioni paleoclimatiche (o almeno paleoambientali, come mi ammoniva il prof. Orombelli una ventina di anni fa).

In sintesi:

  • l’acqua che vi entra, che la attraversa, che vi fuoriesce, da controllare, monitorare, tracciare
  • le forme interne, le sezione delle gallerie, i concrezionamenti, i depositi di riempimento
  • i rapporti tra aree carsiche e urbanizzazione avanzante (insediamenti urbani, vie di comunicazione, ecc.)

A questo punto la biodiversità ipogea (animale e vegetale) è slittata al quarto posto. Non perché la biodiversità non sia importante, anzi, ma perché, e questa è la filosofia della stessa Direttiva Habitat, il contenitore è (in questo caso in maniera particolare) più importante del contenuto! Quindi questo approccio risponde alla raccomandazione del 2004 e non è in contrasto con le direttive europee, anzi! E si può incominciare a ragionare sulla tutela delle grotte vista dalla parte degli speleologi, una sfida per la comunità speleo del XXI secolo.

Furio Finocchiaro

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